Un apparato amministrativo dominato da un culto della sicurezza e dall'ossessione per l'aderenza scrupolosa alle regole: è questo il quadro della burocrazia tedesca che emerge dal recente studio condotto dalla politologa Nathalie Behnke dell'Università di Darmstadt per conto della Fondazione per le imprese familiari. Il rapporto, intitolato Cause culturali dell'eccesso di burocrazia, punta il dito contro una cultura amministrativa tedesca poco incline all'innovazione e troppo restia a concedersi margini di flessibilità. Alla base delle difficoltà nel ridurre gli oneri burocratici, secondo l'analisi, non vi sarebbe tanto un eccesso di regolamentazione quanto la mancanza di leadership efficace e la diffusa avversione al rischio negli uffici pubblici.
È la fine di un mito, quello dell'efficienza quasi prussiana della burocrazia tedesca, che sorprende solo chi non ci ha mai avuto a che fare. Secondo Behnke, uno dei problemi principali risiede nell'approccio culturale che permea la pubblica amministrazione in Germania, dove il principio di legalità viene interpretato in senso estremamente restrittivo. L'obiettivo non è tanto agevolare l'applicazione delle norme quanto evitarne qualsiasi possibile contestazione, anche a costo di ingessare i processi decisionali. Questo atteggiamento, si legge nello studio, scoraggia i funzionari pubblici dal prendere decisioni discrezionali e li spinge a rifugiarsi dietro regole complesse e dettagliate, nel timore di incorrere in errori o ricorsi giudiziari.
La ricercatrice contrappone a questo approccio quello anglosassone, basato su pragmatismo, equilibrio degli interessi e interpretazione flessibile delle norme. Nel sistema tedesco, invece, prevale una logica giuridica astratta, che esclude la possibilità di bilanciare obiettivi e risultati, portando spesso all'effetto paradossale di nuove complicazioni generate da tentativi di semplificazione.
L'analisi si fonda su 19 interviste condotte all'interno di amministrazioni pubbliche a vari livelli federali, oltre a colloqui con rappresentanti del settore privato. Particolare attenzione è stata riservata all'ambito del diritto edilizio, un esempio emblematico di quanto l'accumulo normativo e la mancanza di chiarezza possano bloccare l'attuazione dei progetti. In questo settore, i funzionari spesso si trovano smarriti di fronte a regolamenti sovrapposti e contraddittori. Anche le riforme mirate alla digitalizzazione, almeno nella fase iniziale, tendono ad aumentare i tempi e la complessità, soprattutto a causa della carenza di sistemi compatibili e interfacce funzionali. A complicare ulteriormente le cose intervengono altre specificità che si potrebbero definire tipicamente tedesche. Behnke osserva come il perfezionismo e la tendenza alla specializzazione eccessiva ostacolino la visione d'insieme. Nei ministeri, la bassa mobilità interna, unita alla scarsa esperienza pratica, limita la capacità di leggere i bisogni reali e di adattare le norme alla realtà. In molti casi, l'obiettivo politico viene smarrito in un groviglio di interpretazioni formali e competenze frammentate.
Un recente rapporto dell'Ifo Institut di Monaco stima che, includendo costi diretti e indiretti, la burocrazia superflua sottragga circa 146 miliardi di euro all'economia tedesca ogni anno. È il 3,5% del Pil. Secondo Rainer Kirchdörfer, membro del consiglio della Fondazione per le imprese familiari, la strada per una reale semplificazione passa dalla capacità di ascoltare il riscontro di chi opera nel campo: serve una maggiore fiducia nei dipendenti pubblici e nell'iniziativa imprenditoriale. Solo così, conclude lo studio, sarà possibile superare la paralisi amministrativa e rendere lo Stato, anche quello tedesco, un alleato più efficiente di cittadini e imprese.